Accademia della Crusca

Il 25 marzo del 1583 si svolse la cerimonia inaugurale dell’Accademia della Crusca, ma i primi passi risalgono al decennio precedente (1570-1580 ) quando un gruppo di amici (cinque letterati fiorentini) in opposizione alla pedanteria, allo stile severo e classicheggiante delle riunioni della Accademia fiorentina si incontravano in modo conviviale tenendo, dicevano, discorsi giocosi, conversazioni di poca importanza che amavano chiamare “cruscate” e loro stessi si erano definiti una “brigata di cruscosi”. Non erano, però, queste “cruscate” scevre da intenzioni letterarie con animate discussioni e letture incentrate sugli autori toscani del trecento. Nel 1582 si unì a loro Lionardo Salviati che diede una svolta alle riunioni impostando un programma culturale e di codificazione della lingua e gettando le basi normative di quella che sarà l’Accademia della Crusca il cui scopo era di proporre una lingua non contaminata dalle impurità dell’uso, il fior di farina (la buona lingua, la lingua pura) separata dalla crusca (la lingua impura), prendendo come modelli gli autori fiorentini del trecento.

L’attività dell’Accademia si  traduceva così nella compilazione di un vocabolario, infatti, fino a quando un Regio Decreto, nel 1923,  non diede un nuovo ordinamento all’istituzione, l’opera fondamentale era stata la pubblicazione del Vocabolario degli Accademici della Crusca.

La prima edizione, stampata a Venezia, porta la data del 1612 dopo una lunga gestazione poiché i lavori erano iniziati intorno al 1590. L’opera suscitò subito un grande interesse in tutta Europa e fu presa a modello per la stesura dei vocabolari di altre lingue europee. Non mancarono le critiche, soprattutto in Italia, si accusavano gli accademici dell’eccessivo uso del fiorentino arcaico a discapito della lingua viva, ciò non toglie che il vocabolario della Crusca ha dato un decisivo contributo all’identificazione e diffusione della lingua italiana in un momento storico in cui politicamente e linguisticamente l’Italia era ancora divisa. Alla prima edizione ne seguirono altre quattro e oggi, abbandonato questo impegno lessicografico, l’Accademia svolge attività di ricerca, collabora con istituzioni ed università italiane ed europee nel campo della linguistica e filologia italiana diventando uno dei centri di riferimento più importanti per lo studio e la conoscenza della lingua italiana.

Sin dalla fondazione l’Accademia aveva suscitato l’interesse di studiosi italiani e stranieri non solo grammatici e filologi, ma anche scienziati come Galilei, Torricelli, Malpigli, storici come Muratori, Capponi, filosofi come Voltaire, Rosmini tanto per citare alcuni nomi, tutti personaggi accolti all’interno dell’istituzione.

Se il lavoro prettamente lessicografico non è più il principale scopo come nei secoli passati si è, però, mantenuta la simbologia legata alla farina e a tutti gli oggetti e alle operazioni necessarie per la panificazione come era stato stabilito al momento della fondazione.

L’emblema dell’Accademia è ancora il “Frullone” o buratto lo strumento con cui si separava il fior di farina dalla crusca Cruscalogo.jpgcon la scritta come motto “ Il più bel fior ne coglie” un verso del Petrarca e a tutt’oggi è il frontespizio delle pubblicazioni dell’Accademia. Le prime pubblicazioni, però, quelle degli anni 1583-84 ed anche in alcune più tarde, stampate a Firenze, presentano un altro simbolo ” una gatta che aziona la ruota del frullone” risultato di una contaminazione tra il simbolo dell’Accademia e quello del tipografo Domenico Manzani che aveva come suo marchio di stampa una gatta.

Le sedie degli accademici ( le prime sono datate 1642) sono formate da una gerla da pane rovesciata con infilata una pala da forno che funge da schienale e sulla quale oltre ad una immagine è riportato il nome dell’accademico possessore e il motto da lui scelto a sintetizzare lo spirito del suo impegno nell’Accademia.

Nella Sala delle Pale,  nella villa medicea di Castello, dove dal 1972 ha sede l’Accademia della Crusca, sono conservate le suppellettili storiche ed artistiche dell’Accademia : le 153 pale antiche, il ritratto di S. Zenobio, Arcivescovo di Firenze, scelto come protettore dell’Accademia, 2 “ Sacchi” ovvero mobiletti a forma di sacco per conservare la farina in cui sono custoditi gli statuti, i regolamenti e altri documenti approvati dagli accademici censori.