La tradizione ottocentesca della Strenna a Gesù Bambino
I lettori del giornale cattolico vercellese ” La Metropoli Eusebiana”, a partire dal 1876, proprio durante il periodo nel quale iniziavano a pensavano ai regali per il S. Natale, ricevevano un caloroso invito a provvedere anche a un dono per Gesù Bambino.
Si trattava di fare spazio nel loro cuore ai piccoli orfani di Betlemme, accolti nell’Istituto Belloni, e di versare un’offerta generosa all’associazione “Pia Opera della Strenna al Bambino Gesù” nell’arco di tempo che andava da novembre al 2 febbraio successivo, come scriveva più volte la Metropoli. A loro volta, in segno di riconoscenza, gli orfani assicuravano ai benefattori il ricordo in numerose S. Messe e nelle preghiere, che si intensificavano nelle feste natalizie quando avevano luogo nella Chiesa della Natività, vicina all’Orfanotrofio.
Le somme donate erano fatte pervenire al responsabile della Strenna per l’Arcidiocesi di Vercelli, che per lungo tempo era don Francesco Cavigliolio, cappellano dell’Ospedale Maggiore di S. Andrea. In seguito i benefattori ricevevano dall’Opera come regalo, ma al tempo stesso per ricevuta, un’immaginetta, che variava in base all’entità dell’offerta e poteva quindi essere semplice oppure avere i bordi di pizzo, ma anche essere decorata con un collage di fiori della Palestina raccolti ed essicati dagli orfani.
Ogni immaginetta comunque era stata posata per devozione sulla lapide del Presepio nella grotta della Natività durante le cerimonie religiose alle quali assistevano gli orfani, come del resto avveniva anche per gli elenchi di quei sostenitori che, a differenza di altri, non avevano voluto mantenere l’anonimato, ed erano stati pubblicati sulla Metropoli.
Alla fine del 1879 il ruolo di questo periodico vercellese per quanto riguardava l’iniziativa benefica aveva subito una svolta, perchè Mons. Teodoro Dalfi, che era stato il primo responsabile dell’Opera della Strenna per l’Italia, aveva ricevuto altri incarichi e aveva sollecitato più volte la Metropoli perchè diventasse il centro operativo dell’Opera per l’ Italia e mantenesse i contatti diretti con il Patriarca Latino di Gerusalemme e con il fondatore dell’Orfanotrofio. Il giornale aveva accettato il compito impegnativo, dichiarando di volere in questo modo continuare a diffondere l’amore per il paese di Gesù, che era stato testimoniato da S. Eusebio, “apostolo dell’Oriente” e da altri santi vercellesi. Inoltre in sostituzione di Mons. Dalfi era stato nominato Capo e Direttore della Strenna per l’Italia il canonico teologo Mattia Vicario, che aveva sostenuto l’Opera sin dal 1876 ed era stato scelto per le sue molte e indiscusse qualità.
Infatti Mattia Vicario, nato nel 1849 a Fontanetto Po da una famiglia di umili origini, era stato ordinato sacerdote a Vercelli nel 1872 ed era diventato nello stesso anno canonico teologo della Cattedrale, avendo vinto il relativo concorso. I suoi impegni erano sempre stati numerosi, in quanto non aveva solo insegnato nel Seminario vercellese e collaborato alle attività religiose nell’Istituto delle Suore di S. Maria Maddalena in città, ma era stato anche invitato spesso a tenere esercizi spirituali e a predicare in molte parrocchie dell’Arcidiocesi. Era apprezzato per le sue doti di brillante oratore ed era conosciuto per aver pubblicato lezioni di teologia, conferenze, commemorazioni, oltre a essere stimato come giornalista, in quanto era uno dei redattori, come dichiarava la Metropoli, o meglio l’anima stessa del periodico.
Inoltre la sua abitazione, costituita da poche stanze, nel Palazzo Berzetti di Murazzano di piazza D’Angennes, oggi Istituto delle Suore di S. Maria di Loreto, era diventata un punto di riferimento per religiosi e laici, che la frequentavano spesso per essere consigliati. Figura di primo piano negli ambienti cattolici dell’epoca, era instancabile nelle attività legate agli incarichi ricoperti in alcune associazioni laicali. Era infatti una presenza significativa nei gruppi che avevano come protagonisti i giovani del Circolo Guala Bicchieri, gli operai dell’Associazione cattolica di mutuo soccorso, gli adulti, e in particolare le signore, nobili e borghesi della Società di S. Vincenzo de’ Paoli e della Società per le chiese povere. Fino al momento in cui aveva dovuto lasciare Vercelli perchè nel 1895 era stato consacrato vescovo di Saluzzo, si era occupato di quella Strenna, che, come si è detto, sosteneva l’Orfanotrofio di Betlemme, voluto dal missionario italiano don Antonio Belloni, la cui vita era sempre stata molto operosa.
Antonio Belloni, nato a Sant’Agata di Oneglia in provincia di Imperia nel 1831, aveva deciso di studiare a Genova nel Seminario delle Missioni estere e, dopo l’ordinazione sacerdotale, aveva creduto di essere destinato a raggiungere gli Stati Uniti, meta di molti emigranti italiani. Invece era stato inviato in Terra Santa, dove il Patriarca Latino di Gerusalemme lo aveva nominato professore di filosofia e di Sacra Scrittura nel Seminario di Beit Giala. Era il 1859, ma nell’arco di pochi anni era maturata in lui la consapevolezza di non poter essere solo un insegnante in un territorio nel quale la povertà colpiva soprattutto i bambini orfani o abbandonati. Così nel 1863, ricorrendo agli scarsi risparmi del suo stipendio, aveva iniziato a prestare aiuto a un ragazzo povero e a occuparsi poi all’interno del Seminario, con il consenso dei superiori, di pochi altri che si trovavano nelle stesse condizioni di bisogno. In seguito si era trasferito a Betlemme, dove aveva affittato una piccola casa non lontana dalla Chiesa della Natività e nel 1867 aveva fondato l’Orfanotrofio, che aveva intitolato a Gesù Bambino e posto così sotto la sua protezione.
Nel 1874 aveva poi dato vita a una nuova congregazione, la “Società religiosa dei Fratelli della Santa Famiglia”, per riunirvi i suoi collaboratori, e nello stesso anno aveva fatto un viaggio in Europa alla ricerca di finanziamenti, durante il quale aveva avuto un colloquio con don Giovanni Bosco, premessa importante, come si vedrà, per un futuro però non immediato. Inoltre aveva pubblicato e diffuso il Bollettino annuale dell’Opera della Santa Famiglia in Terra Santa e aveva continuato a tenere una fitta corrispondenza con i responsabili europei della Strenna, compreso perciò il vercellese Vicario. Il suo intento era quello di far conoscere sempre ai sostenitori dell’Orfanotrofio i progressi fatti, le nuove difficoltà e gli altri progetti ancora da realizzare, allo scopo di ottenere ulteriori aiuti per i piccoli orfani di Betlemme e di molti centri della Terra Santa.