L’uovo: una cellula alla base di molte ricette
In cucina
Da quando, con il guscio o senza guscio (caviale, bottarga), l’uomo ha incominciato a consumare l’uovo come alimento si perde nella notte dei tempi. Nell’antica Roma le uova rappresentavano la prima portata del pranzo facilitando la digestione perché stimolavano una forte secrezione biliare, da qui l’espressione “ab ovo” cioè ”dall’inizio”. In epoca imperiale dal ricettario “De re coquinaria” di Marco Gavio Apicio, contemporaneo dell’imperatore Tiberio, apprendiamo che l’uovo compare in molte ricette come legante o decorazione, ma in poche come ingrediente principale: ova frixa, ova elixa, in ovis apalis (uova fritte, uova sode, nelle uova bazzotte) sempre accompagnate da una salsa, mentre scarso era l’impiego nella preparazione di dolci, probabilmente perché i cuochi romani non conoscevano la tecnica di sbattere l’albume. Diffuso era il consumo di questo alimento nel medioevo al punto che nel “Libro della cucina” del XIV secolo di un anonimo toscano si precisa “ De ova fritte, arrostite, sbattute è di noto che non bisogna dire d’esse” e l’unica ricetta che propone è quella delle uova ripiene.
Cuochi al seguito di questo o quell’esercito sono gli autori di ricette in cui l’uovo è il protagonista dalla mayonnaise allo zabajone in quest’ultimo caso però i torinesi, che lo chiamano “Sanbajon”, ne attribuiscono la paternità al frate francescano San Pasquale Baylon che era giunto a Torino, al seguito dei Savoia, dalla nativa Spagna. Un giorno nella cucina del suo convento non riuscendo a montare i tuorli con lo zucchero di canna aggiunse del vino, probabilmente di Cipro, dando origine allo squisito dolce al cucchiaio noto come zabajone. La meringa invece la si deve a Gasparini, pasticciere svizzero di Meiringen, da cui il nome, che la inventò nel 1720 quando era al seguito del sovrano polacco per soddisfarne la golosità e la cui figlia Maria sposando il re di Francia Luigi XV la fece conoscere alla corte francese accreditandone il successo.
Sfruttando la temperatura media dell’intervallo di coagulazione tra l’albume ed il tuorlo pari a 65°C si può ottenere un dessert particolare suggerito da Pierre Gagnaire chef parigino:
porre in una ciotola tuorlo ed albume con un po’ di zucchero e vaniglia, mettere in forno a 65°C, quando il tutto si è rappreso togliere e servire con una purée liquida di albicocche leggermente acide.
Caratteristiche
Questa cellula grazie alla sua conformazione molecolare è uno splendido laboratorio biologico in grado di riprogrammare il genoma di cellule non più in grado di dividersi; in grado di produrre vaccini, basti pensare a quello contro l’influenza prodotto nelle uova di gallina per proteggere tutti gli anni l’intera umanità da questa malattia.
Un aspetto seducente è l’ampia gamma delle sue dimensioni. Oggi le uova più grosse, che si conoscono, sono quelle di struzzo che pesano circa 1,5 Kg, sono alte 16-17 cm e larghe 13-14 cm e pare sia necessario un’ora e mezzo per ottenerle sode; inoltre grazie al guscio molto duro si conservano bene e possono essere decorate con oro, argento, laccate, incise, istoriate e divenire oggetti di ornamento, ma le uova più grosse in assoluto (30 cm di altezza) sono quelle di Aepyornis, uccelli corridori simili agli struzzi, ma di dimensioni molto maggiori, vissuti in Madagascar ed estintisi in epoca storica. Tra le uova più piccole ci sono quelle dei mammiferi ad eccezione dell’echidna e dell’ornitorinco che depongono uova grosse come quelle di gallina, mentre gli altri mammiferi presentano uova dell’ordine dei micrometri, 200 micrometri per l’uomo, 70 micrometri per il topolino comune.
L’uovo che comunemente utilizziamo, quello di gallina, è un concentrato di proteine animali, alcune contenute nell’albume altre nel tuorlo, che si denaturano a temperature diverse da 61°C a più di 140° C di conseguenza l’albume coagula a 62°C, il tuorlo a 68°C percui se si cuoce in forno un miscuglio di tuorlo ed albume a 65°C si ottengono uova strapazzate senza grumi se invece sempre alle medesime condizioni si cuoce un uovo intero (con il guscio) una volta sbucciato si ottiene una massa coagulata, ma tenera ed il tuorlo mantiene il gusto di uovo fresco.
Simbologia, arte, linguaggio
“Uovo cosmico” “Uovo filosofale” “Origine della vita” “Rinascita” sono simbologie presenti in tutte le culture da quelle orientali a quelle occidentali. Nella religione cristiana è il simbolo della Resurrezione di Cristo ed un tempo la “ Domenica di Pasqua “ era chiamata “ Pasqua d’uovo”. A Roma nelle tombe dei martiri come in quelle di S. Balbina e S. Teodora sono state trovate uova di marmo a sottolineare la Resurrezione dopo la morte. In passato in tutte le comunità cristiane la simbologia pasquale si concretizzava nelle uova colorate e benedette che si donavano nel giorno di Pasqua consuetudine oggi viva e presente tra gli ortodossi.
Diverse le rappresentazioni iconografiche sia nell’arte orientale che in quella occidentale e forse la più suggestiva è quella proposta da Piero della Francesca nella Pala di Brera, dove dipinge un uovo di struzzo sospeso sopra il capo della Vergine come segno di vita.
Molti sono, in tutte le lingue, i modo di dire in cui l’uovo è il fulcro dell’espressione dal famoso “uovo di Colombo” al “cercare il pelo nell’uovo”, dal pericoloso “ rompere le uova nel paniere” al interessato “ meglio un uovo oggi che una gallina domani”.