Trascritto e tradotto dal latino un testo inedito di Giovanni Faldella il De redemptione italica
Giovanni Faldella (Saluggia 1846-1928), laureato in giurisprudenza, scrittore, giornalista e senatore italiano, è il personaggio protagonista di una ricerca realizzata in sinergia tra italianisti e latinisti all’interno dell’Università del Piemonte Orientale. Obiettivo: l’edizione a stampa del suo manoscritto De Redemptione Italica, un testo inedito sul periodo storico compreso tra il congresso di Vienna (1814) e la breccia di Porta Pia (1870) con la conquista di Roma capitale. Quindi in pieno Risorgimento. Quindi perfettamente in tema con la ricorrenza del 150° dell’Unità d’Italia che si celebra quest’anno.
Ma l’interesse per Faldella, all’Upo, vanta origini più lontane e non sospette, da quando cioè i docenti Giuseppe Zaccaria (ordinario di letteratura italiana) e Claudio Marazzini (ordinario di storia della lingua italiana) hanno dato corso alla valorizzazione degli scrittori del Piemonte orientale, tra i quali Faldella occupa un posto di rilievo. Sono stati proprio loro a segnalare l’esistenza di quel manoscritto inedito, che nessuno degli italianisti aveva mai studiato perché piuttosto complesso: richiedeva infatti, oltre all’attenta “decrittazione” della grafia, l’interpretazione del latino. Un latino tutto speciale nella forma e nello stile, che rispecchia la personalità forte e ironica dell’autore; un latino coniato talvolta ex novo (tra i nomi propri spicca una sagace trasposizione: Boileau in Bibeaquam), infarcito di frasi tratte dai classici e date in usufrutto a personaggi storici del Risorgimento. Ventidue quaderni scritti a mano “in brutta” e strabordanti di correzioni, annotazioni a margine – comprese date e ricorrenze familiari che ammiccano alla vita quotidiana – solo in minima parte ricopiati “in bella”.
Insomma, ci volevano un bel po’ di pazienza e di passione per prendersi la briga di un minuzioso lavoro di lettura e interpretazione. Oltre che un paio di sostanziosi assegni di ricerca dalle Fondazioni Cassa di Risparmio di Torino prima e di Vercelli poi, per consentire che qualcuno se ne occupasse specificatamente. Fu così che, quattro anni or sono, al binomio solleticatore Zaccaria-Marazzini si affiancò il doppio femminile vincente Roberta Piastri–Raffaella Tabacco. E Faldella cominciò a raccontare la sua storia d’Italia ottocentesca in latino rivelando anche qualcosa di sé.
La prima operazione della prof. Piastri, ricercatrice di lingua e letteratura latina, fu del tipo “Csi scena del crimine”: fotografare con accuratezza i manoscritti conservati nella Biblioteca civica di Torino e acquisiti con il Fondo Faldella.
«I primi abbozzi risalgono al 1880 – spiega – ma la redazione inizia nel 1912 e prosegue sino al 1927. Ho prodotto circa 800 cartelle tra testo originale e traduzione».
«Faldella aveva una cultura interessante – sottolinea Raffaella Tabacco, ordinaria di lingua e letteratura latina – leggeva non solo autori dell’età aurea ma anche tardi e forse aveva intenzione di proseguire con il De redemptione italica oltre il 1871: sappiamo infatti da dichiarazioni giornalistiche del 1921 [in quella data Faldella aveva dato alle stampe su due numeri della “Rivista di Roma” la lunga prefazione, sempre in latino, alla sua storia] che pensava di portare l’opera a 12 libri, arrivando sino alla prima guerra mondiale, che lui considerava la “quarta guerra di Indipendenza”. Lavorò fino al 1927, ma il clima politico di allora non era certo favorevole alla pubblicazione di un tomo di stampo risorgimentale. Di certo – prosegue Raffaella Tabacco – compì un oneroso lavoro di ricerca storica e letteraria per il latino, che conosceva discretamente, e chiese inoltre la collaborazione di due correttori: Luigi Galante (genero di Luigi Garrone, padre e nonno di Alessandro Galante Garrone; era anche poeta e componeva in latino) e Camillo Negri, ingegnere, sindaco di Occhieppo Superiore. Di lui Faldella racconta in un articolo che si era “specializzato in latino” nel periodo in cui una lunga malattia lo aveva allettato. Con la sua verve lo definisce uno che “scrive in latino con sveltezza da bersagliere e sicurezza da cannoniere”». Galante, invece, più rigoroso, avrebbe preteso che il giornalista scrittore si uniformasse a Cicerone, ma questi glissò abilmente senza lasciarsi irretire, poiché riteneva fermamente legittimo utilizzare ogni forma di latino dall’antichità all’Ottocento.
E probabilmente la correzione dei due luminari «si limita alla lunga Prefazione e ai primi due-tre capitoli – precisa Roberta Piastri – Anche perché la Prefazione fu l’unica parte ad essere pubblicata su una rivista per giustificare la scelta del latino scelto dallo studioso come lingua universale di scrittura».
Quattro anni di lavoro non sono certo pochi…
«In realtà sono stati cinque, senza considerare il 2011 che trascorrerà nella revisione delle bozze!», precisa la giovane docente sorridendo. «Un lavoro faticoso ma entusiasmante – lo definisce – che mi ha permesso di entrare in contatto con la personalità dell’autore. Emozionante è stato anche scartabellare tra gli epistolari e i libri di Faldella, pieni di sottolineature, commenti, annotazioni e rimandi».
Questa intensa ricerca e i risultati ottenuti l’hanno resa famosa.
«Sono stata piuttosto una paziente certosina, che ha lavorato con tenacia nel silenzio e a testa bassa… cosa che peraltro fanno in molti onesti studiosi», ribatte con semplicità.
Ma intanto sta tenendo una serie di conferenze a tema in diverse zone d’Italia, legate alla ricorrenza del 150°. A Vercelli la prof. Piastri imbraccerà il microfono in due prossime occasioni: il 4 aprile nella cripta di S. Andrea, invitata con Rafaella Tabacco dall’Associazione di cultura classica, e in giugno a un convegno sull’Unità d’Italia.
«Nel frattempo – conclude con spirito pragmatico proprio la Tabacco – siamo alla ricerca di sponsor per la pubblicazione del lavoro svolto su Faldella», così che questo «giocoliere della lingua», come lo definisce Gianfranco Contini, che negli anni Sessanta occupò di lui come autore di racconti, possa narrare un pezzo di storia nazionale affascinando con la sua spigliatezza e la sua estrosità i giovani di ogni tempo. Perché «giocoliere della lingua» resta anche quando scrive in latino da storico, utilizzando espressioni fantasiose come «Cavour incinto dell’Italia».
Di Faldella esiste pure uno Zibaldone latino inedito, neppure segnalato come invece risulta essere il De redemptione italica nella prestigiosa Enciclopedia Treccani. Chissà che in futuro…