Carlo Brusa, vulcanico geografo alla presidenza della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Upo
Dal novembre 2010 Carlo Brusa è preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università del Piemonte Orientale. Vulcanico, battuta pronta, disponibile allo scambio di idee, coltiva una quantità di interessi, anche se la sua grande passione è la geografia (è professore ordinario di questa disciplina dal 1990), che continua a insegnare in Ateneo nonostante l’accumulo di responsabilità.
Come si sente in questa nuova veste?
«La realtà è molto complessa e in continua evoluzione, anche relativamente all’applicazione della riforma universitaria entrata in vigore il 29 gennaio di quest’anno, dopo aver visto il Parlamento impegnato per lunghi mesi in una serie di discussioni e confronti anche molto accesi».
Quale responsabilità si sente sulle spalle?
«Il preside dev’essere in grado di astrarre dalla specificità della propria disciplina e dal corso di laurea cui fa riferimento come docente. Questo vale ancor di più per una Facoltà complessa come quella di Lettere e Filosofia, che al suo interno ha sempre avuto varie anime e in particolare quella linguistico-letteraria, quella storico-artistica e quella filosofica.
Che cosa ama dell’insegnamento?
«Premetto che il professore universitario è soprattutto uno studioso che presenta ai suoi studenti i risultati delle sue ricerche. Io mi interesso di migrazioni, multicultura e didattica della geografia e cerco di comunicare ai ragazzi alcuni aspetti collegati questi miei temi di ricerca in modo che acquisiscano una serie di conoscenze critiche e di strumenti di analisi dei problemi attuali del territorio. Di questi tempi, fra l’altro, il dramma dell’esodo dei profughi dal Nord Africa, con le conseguenze sull’Italia e sull’Europa, la crisi economica che grava soprattutto sui ceti più vulnerabili, le tematiche ambientali (si pensi solo al dibattito collegato alle centrali nucleari) sono sfide che il geografo deve sempre prendere affrontare scientificamente con gli studenti».
Cosa cercano i ragazzi di oggi all’Università?
«Penso che abbiano senza dubbio molte curiosità e certamente sono in grado di soddisfarle anche per conto proprio con tutti gli strumenti tecnologici e mediatici a disposizione. Spetta però al docente sollecitarli in modo critico al gusto della scoperta scientifica in un dato settore. Ci sono materie e metodi di studio differenti che devono essere proposti dall’insegnante competente, appassionato e disponibile. Ricordo che i giovani sono sollecitati dal rapporto diretto con l’insegnante che è all’altezza della proprio compito sia a livello scientifico che didattico ».
Che relazioni ha con il corpo docente?
«Le relazioni con i colleghi sono molto stimolanti. Nella nostra Facoltà insegnano professori affermati e noti in tutta Italia e spesso anche all’estero, molti infatti sono studiosi coinvolti in progetti internazionali. Accanto ai “maestri” ci sono i docenti più giovani, entrati in ruolo da pochi anni. Alcuni sono stati anche nostri studenti.
Purtroppo i giovani di oggi, mi riferisco ai numerosi “precari” (con contratti a progetto, assegni o dottorati di ricerca ecc..) si trovano in una situazione di maggiore difficoltà rispetto ai tempi in cui hanno iniziato la carriera i loro maestri. E la crisi economica certamene non aiuta. ».
La Facoltà di Lettere e Filosofia vanta anche un buon numero di iscritti stranieri…
«Ne abbiamo una cinquantina. Tengo molto a incontrarmi con questi ragazzi che da noi hanno piena “cittadinanza”. Anche gli studenti di origine italiana si arricchiscono, umanamente e culturalmente, entrando in contatto con la mondialità. Quest’anno, all’Open day, vorrei proprio che prendessero la parola anche i dottorandi, che vivono una realtà universitaria e professionale più simile a quella dei giovani, e gli anche alcuni dei nostri studenti stranieri».
Da geografo il prof. Brusa introduce un efficace termine di paragone.
« Chi, come me, ha concluso gli universitari negli anni Settanta è “distante”: il mio era il tempo del ciclostile, del lavoro full time…. Immaginiamo di essere sul treno Lecce-Milano: io mi ritengo di essere arrivato a Piacenza – se non a Lodi – a viaggio quasi concluso. Ma c’è chi è a Bologna, il cinquantenne, chi ad Ancona, il quarantenne… altri sono solo a Bari. La prospettiva con cui si guarda l’Università, quindi, è ben diversa».
Cosa si augura per questa Facoltà?
«Che venga conosciuta e apprezzata in ambiti sempre più vasti. Non ci interessa promuovere Lettere solo a Vercelli e nel territorio circostante. Dobbiamo andare a Chivasso, a Ivrea, a Casale, a Vigevano, a Magenta per far conoscere il nostro ateneo e confrontarci con l’offerta formativa di Torino, Milano, Pavia ecc.. ».