Conferenza sulla Medea di Seneca
«La Medea di Seneca è unica» ha affermato Carmen Codoñer, professore emerito di letteratura latina all’Università di Salamanca, ospite dell’Associazione di cultura classica lunedì 7 novembre, nell’aula magna dell’Università del Piemonte Orientale a Vercelli. Invitata a sviscerare una delle più note e appassionanti figure femminili della letteratura antica, ha decisamente catturato l’attenzione del pubblico sviluppando il suo intervento a partire da Euripide per passare a Ovidio, che inserisce Medea nell’epica delle Metamorfosi e nell’elegia delle Heroides, arrivando a Seneca, nel quale il personaggio assume una connotazione inedita: pur mantenendo infatti l’ambivalenza di donna-maga, “si evolve” dalla condizione di giovane fanciulla preda del furor amoroso che la rende schiava, portandola a compiere omicidi efferati al di là della sua volontà in nome dell’amato, alla condizione di donna matura e consapevole di sé («Io sono Medea»), che si abbandona responsabilmente al furor dell’ira per pianificare e portare a compimento la sua atroce vendetta. «Non una doppia personalità», dunque, ha sottolineato la relatrice, ma una sorta di cammino interiore verso la piena, reale autoconsapevolezza. E questa Medea che Seneca presenta al pubblico non è la stessa di quella “cantata” dal coro della sua tragedia: la madre-assassina della tradizione. «Perciò quella di Seneca è una Medea unica».
A coinvolgere il pubblico in quest’appassionante analisi, la calda voce dell’attore Roberto Sbaratto, prestata anche questa volta a un personaggio femminile, del quale ha saputo far trasparire il fascino misterioso.