Vaniglia planifolia: un’orchidea in cucina
La pianta
L’interesse commerciale delle orchidee è legato alla singolare bellezza dei loro fiori, l’unica specie che ha un valore commestibile, è la Vaniglia planifolia originaria delle foreste tropicali del Messico. E’ una pianta erbacea amante dell’ombra e il suo abitat è il sottobosco delle foreste caldo umide tropicali. E’ una pianta rampicante quindi ha bisogno di un supporto a cui si attacca grazie alle sue radici aeree che hanno anche la funzione di assorbire l’acqua dall’umidità che le circonda. Il fusto verde scuro, cilindrico, flessuoso può raggiungere anche i 15 m di altezza, le foglie, come il loro gambo, contengono un succo trasparente, irritante che provoca ustioni e prurito persistente sulla pelle. Il fiore dal colore bianco al giallo-verdastro ha una vita cortissima, sboccia al mattino e si chiude definitivamente alla sera, quindi breve è il lasso di tempo per la fecondazione che se non avviene non si forma il frutto noto impropriamente come “baccello”, in realtà è una capsula oblunga che può raggiungere oltre il 30 cm di lunghezza e che contiene un elevatissimo numero di semi, molto piccoli, ed è la parte utilizzata nell’industria alimentare; viene raccolta ancora immatura ed inodore per impedire,se giunge a maturazione sulla pianta, la fuoriuscita immediata dei semi.
La vaniglia è una spezie costituta da diverse molecole aromatiche di cui la principale è la vanillina contenuta in percentuale variabile da 1,5 % a 4% nei semi e che le trasmette quel suo tipico profumo. Per ottenerla i frutti, colti ancora verdi, vengono sottoposti ad una serie di trattamenti lunghi e laboriosi fino da ottenere capsule nere e profumate. Un buon “baccello” deve avere una buccia sottile ed essere elastico tanto da potersi arrotolare intorno ad un dito senza spezzarsi, i migliori in assoluto sono ricoperti dai bianchi cristalli di vanillina trasudata dall’interno.
Un po’ di storia…..
I primi coltivatori di vaniglia sono stati i Totonacs popolazioni amerinde che vivevano nella attuale regione di Veracruz in Messico. Quando nel XV secolo gi Aztechi in parte li dominarono vennero a conoscenza di questa spezie che chiamarono “tlilxochitl” e furono conquistati dal suo profumo e la utilizzarono per aromatizzare la loro bevanda preferita a base di cacao, una antesignana della cioccolata. Come tutti i prodotti vegetali ed animali del “Nuovo Continente” dal mais al pomodoro, dal peperoncino alla zucca, anche la vaniglia fu portata in Europa dai conquistatori, ma non fu Cristoforo Colombo che nell’ultimo suo viaggio in quelle terre, nel 1502, aveva assaggiato, per la prima volta, la bevanda scura aromatizzata dalla vaniglia, ma Hernán Cortéz che, degustando lo stesso tipo di bevanda offertagli dal re azteco Montezuma II, capì che cacao e vaniglia avrebbero avuto successo in Europa e infatti prima la nobiltà spagnola poi quella francese ed europea subirono il fascino di questo aroma e cercarono in tutti i modo di coltivare Vaniglia planifolia nelle foreste tropicali dei loro possedimenti senza però ottenere i frutti desiderati. Il perché è legato alla assenza della piccola ape selvatica, senza pungiglione, appartenente al genere Melipona, unico insetto in grado di impollinare naturalmente questa orchidea e che vive solo nelle foreste tropicali del centro America. Oggi con successo la vaniglia è coltivata in tutte le regioni tropicali questo grazie al botanico belga, Charles Morren, professore all’Università di Liegi che nel 1836 per primo capisce di dover impollinare manualmente la vaniglia, ma il suo metodo è complesso e poco redditizio, così nel 1841 viene superato da quello messo a punto da un giovane schiavo dell’isola La Réunion, il dodicenne Edmond Albius, una tecnica veloce ancora oggi utilizzata e quando Edmond fu condannato a dieci anni di prigione per furto di gioielli dopo cinque anni fu graziato per l’enorme contributo che aveva dato con il suo metodo alla coltivazione della vaniglia nell’isola.
Vanillina sintetica
Dati i costi della vaniglia naturale e l’elevata richiesta l’industria ha cercato un sostituto sintetico meno oneroso della molecola aromatica fondamentale: la vanillina. La sua identificazione risale al 1858 e la prima produzione in laboratorio al 1874 ad opera di due chimici tedeschi Ferdinad Tiemann e Wilhelm Haarmann che la ricavano dalla coniferina una sostanza presente nella resina dei pini, poiché anche in questo caso la produzione era economicamente poco vantaggiosa sono state ricercate altre sostanze di partenza, a tutt’oggi impiegate, come l’eugenolo una molecola diffusa in natura e ricavabile dai chiodi di garofano e la lignina contenuta negli scarti della lavorazione della cellulosa. Oggi si ottiene anche una vanillina naturale, non dall’orchidea, ma da processi di fermentazione microbiologica utilizzando batteri che agiscono su un substrato naturale. Recenti test effettuati in America con un gruppo di assaggiatori qualificati: chef e pasticceri professionisti si è registrato che sui prodotti cotti al forno torte o biscotti la differenza tra naturale e sintetica non è stata percepita mentre nei prodotti che non raggiungono alte temperature come latte o budini la preferenza è di gran lunga per la vanillina naturale. Probabilmente gli altri composti aromatici che con la vanillina danno l’intenso profumo e il dolce aroma alla spezie si decompongono con il calore per cui nei prodotti da forno la differenza tra naturale e sintetica si annulla.
In cucina ma non solo……
Notevole è l’impiego della vaniglia nei prodotti dolciari dove copre l’odore del lievito naturale, è l’aroma classico per creme, gelati, liquori, bevande, tisane, cioccolato, un “baccello” lasciato in un barattolo di zucchero lo aromatizza e di conseguenza lo saranno anche tutte le preparazioni in cui verrà impiegato. Sulla scia della cucina orientale ed africana dove la vaniglia è impiegata in alcuni piatti salati, oggi alcuni “cuochi” la utilizzano in salse da accompagnare al pesce o per profumare verdure come i fagiolini.
Anche se il potere nutrizionale della vaniglia è nullo nell’antica farmacopea era utilizzata come stimolante dell’appetito nelle persone in apatia verso il cibo. Le si riconoscono proprietà antisettiche, astringenti e soprattutto nei secoli passati afrodisiache.
Non ultimo il suo impiego nella cosmesi e nei prodotti igienici.