I 4 di Albenga
La piana di Albenga incominciò ad essere sfruttata e coltivata sin dai tempi degli Inguani, la popolazione ligure che dominava sulla costa da Finale a Sanremo e che avevano fatto di Albenga la capitale del loro territorio. Ancora oggi i suoi prodotti agricoli ne fanno una delle pianure più fortunate della Liguria tanto da meritare l’appellativo di “orto della Liguria” per la ricchezza e l’alta qualità delle sue produzioni tra cui spiccano il carciofo, l’asparago violetto, la zucchina trombetta e il pomodoro cuor di bue.
Il carciofo
La parola carciofo deriva dall’arabo (al)Kharshuf, mentre in lingua greca è detto Kinara e di conseguenza in latino risulta Cynara. Pianta di origine mediterranea, conosciuta e consumata dagli Egizi e dai Greci, la prima descrizione la si deve allo storico greco Teofrasto. Molto apprezzato anche dai Romani e lo storico Varrone consiglia di usare per le nuove piantagioni di carciofi semi macerati in acqua di rose, gigli e alloro, per conferire all’ortaggio un gusto più gradevole. Dopo un lungo periodo di oblio durante il Medioevo ricompare nel XV secolo in Italia soprattutto sulle tavole signorili dove veniva consumato sia cotto che crudo. Ne era ghiotta Caterina de’ Medici che lo fece conoscere alla corte francese quando andò in sposa a Enrico II. Molto ricercato, come scrive Paolo Zacchia nel suo “Il vitto quaresimale” (1636), in tempo di quaresima e veniva consumato crudo essendo in principio della sua stagione, ma secondo Zacchia è meglio cotto in qualunque maniera ” lesso passa più facilmente; arrosto è più grato allo stomaco; tartufolato, come i cuochi dicono, cioè condito con menta selvatica, aglio trito minutamente e in poca quantità, pepe, e olio, e sale, risveglia l’appetito.” Anche per i carciofi di Albenga la loro stagione incomincia a marzo e sono l’ingrediente principe della rinomata torta pasqualina ligure.
Da un punto di vista botanico il carciofo deriva dal cardo selvatico in seguito a processi di selezione ed innesto e la parte edule è l’infiorescenza racchiusa dalle brattee, foglie modificate e sovrapposte le une alle altre.
L’ Aspargo violetto di Albenga
Ortaggio dai turioni molto grossi e dal colore viola intenso dovuto al suo patrimonio genico, tutelato da un presidio Slow Food per la sua diversità e rarità. E’, infatti , una varietà ottenuta dall’ibridazione delle due specie A.officialis L. e A. scaber B. e che probabilmente già nel XVII secolo i contadini albenganesi avevano prodotto e da allora è stata selezionata e conservata per molte generazioni di asparagicoltori attraverso una metodologia ancora oggi in uso. La raccolta avviene da metà marzo fino ai primi di giugno, ma da sempre i contadini hanno cercato di anticiparla con tecniche di forzatura cioè riscaldando il terreno, un tempo con cascami di cotone impregnati d’acqua che fermentando producevano calore, oggi con un sistema di tubi di acqua calda nel terreno. Il risultato è un asparago morbido perché privo di fibrosità, dal gusto delicato e dolce.
Il termine asparago deriva dal greco aspharagos o dal persiano asparag e significa germoglio e la sua storia si perde nella notte dei tempi, originario della Mesopotamia, coltivato nell’area mediterranea e conosciuto dagli Egizi, dai Greci e dai Romani, citato da Catone, da Plinio il Vecchio e da Apicio, quest’ultimi oltre a raccontarne le tecniche di coltivazione ne descrivono i modi di preparazione in cucina. In particolare Plinio e con lui Marziale erano grandi estimatori di questo ortaggio e pensavano che i migliori asparagi fossero quelli coltivati negli orti di Ravenna. Come per il carciofo anche l’asparago durante il medioevo vive un momento di oblio, ma a cavallo tra il XIV e il XV secolo la sua produzione riprende su larga scala ed incomincia ad essere citato in diversi libri di cucina e dopo la scoperta dell’America insieme al carciofo varca l’Oceano Atlantico e conquista il Nuovo Continente. Chissà se Cristoforo Colombo quando era in terra di Spagna nelle più rinomate taverne di Siviglia ha degustato e apprezzato “Carciofi con carne” e “Verdura con asparagi” due ricette spagnole tratte da “La civiltà della forchetta” di G. Rebora (2005)
Carciofi con carne
Si tagli la carne e si metta nella pentola con acqua, sale, due cucchiai di almorì, uno di aceto ed un altro di olio, pepe, carvi e coriandolo secco. Si mette al fuoco e quando è cotto si puliscono i carciofi, si fanno bollire, si tagliano in pezzi minuti e si gettano sopra la carne. Si fa alzare il bollore, si ispessisce con mollica di pane e due uova e si spolvera di pepe quand’è nel piatto di portata.
Verdura di asparagi
Si taglia la carne in pezzi rotondi e si mette nella pentola con cipolla grande ed acqua, pepe, sale, coriandolo secco, carvi, due cucchiai di almorì ed altrettanto di olio fine. Si mette al fuoco e quando la carne è pronta, si tagliano gli asparagi bolliti, tritandoli, e si mettono sopra la carne. Si ispessisce con albume d’uovo.
(continua)