Aspettando la S.Pasqua nella Vercelli di cento anni fa
Nel 1911 la solennità della S. Pasqua era celebrata il 16 aprile, dopo un periodo di piogge continue, di freddo e persino di neve, caduta in città agli inizi del mese per un’intera giornata. Anche in quell’anno erano state rispettate le tradizioni locali antiche di secoli e ai diversi riti religiosi c’era stata una grande partecipazione. Tutto era stato preparato con molta cura, tanto che per far conoscere in anticipo il programma musicale delle funzioni della Settimana Santa, che avevano il loro fulcro nel Duomo cittadino, il maestro di Cappella Raffaele Casimiri, direttore della “Schola Eusebiana”, aveva fatto pubblicare il suo ormai solito elegante opuscolo. I brani da lui scelti erano stati composti quasi tutti nel Cinquecento e alcuni di essi sarebbero stati eseguiti per la prima volta, come sarebbe successo per un’antifona di Pierluigi da Palestrina e per il mottetto “Ecce Panis” di Giovanni Croce a 8 voci e due cori. La bravura del maestro e la preparazione raggiunta dalla sua scuola erano una garanzia sicura per la buona riuscita delle esecuzioni, che avrebbero testimoniato la continuità del valore della Cappella eusebiana .
Inoltre per offrire l’opportunità di prepararsi bene alla Settimana Santa, i responsabili del Circolo cattolico Guala Bicchieri avevano fatto ricorso al moderno cinema, perché erano convinti della sua validità per un insegnamento religioso e morale, che fosse adatto al loro tempo. Così due rappresentazioni della “Vita, passione e morte di Nostro Signore Gesù Cristo”, capolavoro a “colori naturali” dei famosi fratelli Pathè, erano state previste per la domenica precedente alla Pasqua nel salone dell’Unione Eusebiana. In particolare la proiezione era stata suddivisa in quattro parti, ognuna delle quali era stata introdotta e spiegata brevemente da un religioso vercellese, il canonico Cortini.
Il 14 aprile 1911, nel pieno rispetto della tradizione vercellese, aveva avuto luogo quella processione delle macchine che era stata attuata per la prima volta nel 1759, ma si era svolta il Giovedì Santo fino al 1833, anno a partire dal quale era stata unita alla processione della Compagnia del SS. Crocifisso di Sant’ Andrea e spostata al Venerdì Santo. In effetti ogni Confraternita vercellese si era dotata di un proprio gruppo di statue in legno policromo, che nel loro complesso raffiguravano i momenti fondamentali della Passione di Gesù e che la gente chiamava abitualmente macchine.
Il Venerdì Santo del 1911 la processione incominciava alle 18 e 30 e le macchine erano portate ancora una volta a spalla dai confratelli, laici di tutte le età, lungo le vie cittadine, mentre come sempre il percorso era seguito da un gran numero di persone, molte delle quali provenienti dai dintorni di Vercelli. La processione si era conclusa nella Basilica di Sant’ Andrea, dove l’Arcivescovo Teodoro Valfrè di Bonzo aveva impartito la Benedizione, alla quale aveva fatto seguito il bacio della Reliquia del legno della Santa Croce. Proprio in Sant’ Andrea si era ripetuta anche un’altra tradizione, in quanto sull’altare maggiore, sullo sfondo dell’abside e alla fine dell’imponente navata centrale, risplendeva la “gran croce”, lunga 10 metri e larga 5, che pendeva dall’alto ed era illuminata dalla luce elettrica e non più dai caratteristici lumini accesi, utilizzati ancora all’inizio del Novecento.
Quell’anno la stampa locale si soffermava su un incidente insolito, che era avvenuto quando la processione ormai era conclusa e si trattava di far uscire dalla basilica le macchine, dal momento che ognuna di esse doveva ritornare nella chiesa della propria Confraternita, dove era custodita durante l’anno. A essere coinvolta era la macchina della Confraternita di San Sebastiano, che rappresenta Cristo legato alla colonna, poiché a un tratto uno dei suoi portatori era scivolato e non era riuscito a servirsi del bastone uncinato, previsto per le fermate e i cambi, per far fronte alla situazione. Così la macchina era caduta a terra e la statua del Cristo aveva subito danni di un certo rilievo, ma non c’erano stati feriti tra i molti fedeli che si trovavano nelle immediate vicinanze.
Anche nel 1911, come nel passato, per la devozione popolare era molto importante assistere nel Duomo all’alba del giorno di Pasqua a quel rito che era detto semplicemente “ lo scoprimento del Cristo”. Infatti l’antico Crocifisso, che all’epoca era posto sopra l’ultimo altare della navata destra, veniva liberato gradualmente dal velo di color viola, dal quale era stato ricoperto durante la quaresima, come del resto avveniva per ogni immagine sacra. Tutti gli anni molte erano le persone che venivano anche a piedi dai paesi e dalle cascine, disseminate nella campagna, fino alla cattedrale, anzi si ricordava come nel primo Novecento numerosi erano quelli che arrivavano in città già la sera precedente per poter avere i posti migliori quando, al mattino dopo, era consentito entrare nella cattedrale per assistere al rito che iniziava alle 6. In questo caso prima di addormentarsi, come si diceva “ all’osteria della bella stella”, all’aperto quindi e sotto i viali nella piazza del Duomo, i fedeli cantavano a lungo le litanie.
Era pur vero che due anni prima, nella primavera del 1909, erano comparsi sui giornali gli orari di un “treno speciale” del tramvai del Ticino, che sarebbe partito nella notte di Pasqua alle 2 e 50 da Villanova per arrivare sulla piazza del Duomo di Vercelli alle 4 e mezza. Nel suo percorso erano previste fermate a Motta dei Conti, a Caresana, a Stroppiana, a Pezzana, a Prarolo e ai Cappuccini, assicurando quindi a tanti la possibilità di essere a Vercelli in tempo utile per vedere lo “Scoprimento del Cristo”, come voleva la loro solida devozione .