Pianoforte

Quest’anno ricorre il bicentenario della nascita del compositore polacco Fryderik Chopin, il poeta del pianoforte e ad ottobre, in Giappone, viene assegnato al pianista Maurizio Pollini, per la musica, il prestigioso premio della Japan Art Association, il Nobel dell’arte. Non possiamo negare che uno dei protagonisti di questo successo sia  il pianoforte, strumento a tastiera, non l’unico, che entusiasmò Mozart per le sue infinite possibilità espressive.

Il padre di questo strumento è un italiano Bartolomeo Cristofori, nato a Padova nel 1655 e morto a Firenze nel 1731, costruttore di strumenti musicali in particolare clavicembali che nel 1698,quando si trovava a Firenze presso la corte di Ferdinando de’ Medici in qualità di conservatore degli strumenti musicali mette a punto il “Gravecembalo col piano e col forte “ che supera nell’espressività musicale il clavicembalo.

Cristofori sostituisce i plettri che pizzicavano le corde del clavicembalo quando si toccava la tastiera con i martelletti di legno ricoperti da un sottile strato di daino permettendo così di regolare l’intensità del suono in relazione alla forza e alla dolcezza del tocco dell’artista, inoltre crea un nuovo meccanismo noto come “scappamento “ in modo da consentire una maggiore potenzialità espressiva delle note.

Inizialmente il gravecembalo col piano e col forte come era stato chiamato da Cristofori, poi fortepiano ed infine pianoforte non ebbe molto successo. Per tutto il settecento è il clavicembalo lo strumento a tastiera più suonato, dall’altra parte la monumentale partitura clavicembalistica non poteva essere di colpo abbandonata e anche i compositori solo lentamente compresero che la nitidezza dei suoni del clavicembalo poteva essere sostituita, egregiamente, da un armonia di suoni. Alla fine del settecento il clavicembalo viene definitivamente abbandonato e diventa uno strumento da museo accanto al liuto, al clavicordo, alla viola d’amore.

E durante il settecento al pianoforte cosa succede?  L’invenzione di Cristofori non viene subito commercializzata, anzi resta in sordina al punto da generare un giallo sulla sua data di nascita attribuita da alcuni al 1711, l’anno in cui il conte Maffei, umanista, pubblica sul “Giornale de’ letterati d’Italia” una precisa ed entusiasta descrizione del nuovo strumento musicale e ne intuisce la sua destinazione salottiera quando afferma che è adatto ad accompagnare un cantante o un altro strumento, sottolinea, però, che la sua vera caratteristica è quella di esser suonato da solo.

Se l’inventore è italiano il primo a produrre pianoforti è il tedesco Gottfried Sielbermann, un costruttore di organi che nel 1726 seguendo la minuziosa descrizione di Maffei costruisce due pianoforti. Ma deve passare ancora del tempo prima che “questo strumento da calderaio” come lo definisce Voltaire , questa curiosità da baraccone si affermi e diventi lo strumento su cui si esibiscono e compongono Mozart, Beethoven e Haydin.

Naturalmente la meccanica del pianoforte si evolve, una modifica sostanziale è l’introduzione del pedale di risonanza che permette al pianista di controllare la possibilità di far proseguire il suono dopo aver lasciato libero il tasto. Nell’800 diventando uno strumento solista vi è la necessità di elevare le sue capacità sonore. Così le corde devono avere uno spessore maggiore di conseguenza la struttura di supporto deve essere irrobustita  e l’uso del metallo si fa sempre più preponderante. Comunemente l’intelaiatura era in legno, ma a metà dell’800 si inizia a costruire pianoforti con l’intero perimetro in metallo caratteristica dei moderni pianoforti a coda.