Gli auguri natalizi sotto il piatto
Oggi i pargoli non scrivono più quelle letterine dei buoni propositi, in cui promettevano di non far più arrabbiare i genitori, di migliorare, di non far ammattire la signora maestra, di studiare e inoltre dichiaravano tutto l’affetto e l’amore che avevano per i propri cari e li ringraziavano per tutto quello che facevano per loro augurando ogni bene.
Fanno parte del come eravamo, del passato, un passato prossimo perché fino agli anni sessanta erano ancora una forma di attenzione verso i propri genitori e la letterina di Natale era la prima occasione che i figli avevano per scrivere a loro.
Scritta in bella grafia, magari sotto lo sguardo attento della maestra che correggeva gli errori di ortografia e di sintassi, su una carta da lettera scelta con cura, sempre decorata e a volte le decorazioni erano fatte a mano, la letterina, indirizzata ai genitori o ai nonni o agli zii, veniva fatta trovare sotto il piatto del destinatario durante il pranzo di Natale e da lui letta pubblicamente. Era un momento magico per il piccolo autore, al centro dell’attenzione di tutti i commensali che si complimentavano con lui per i suoi buoni propositi.
Un abitudine nata in Germania nell’700 e poi diffusasi in Europa e infatti la più antica letterina che si conosca è conservata ad Amburgo al Altonaer Museum e risale al 1731. Anche in Italia era entrata in uso questa abitudine, ma esistono pochissime collezioni, sufficienti, però, ad allestire delle mostre che sono state realizzate a Ravenna, a Biella, a Sedriano dove si potevano leggere letterine scritte tra il 1857 e il 1963.
Sono documenti che attraverso i sentimenti, le ansie, i pensieri dei bambini offrono uno spaccato della storia del tempo. Nel 1917, Olga di Como, scrive che è un Natale di guerra e rinuncia volentieri ai regali per i soldati impegnati al fronte. Nel 1918, a guerra appena terminata, Antonio un bambino di Porto Valtravaglia, ricorda un anno “pieno di miseria e di pianti”, ma non potendo soffocare la sua esuberanza infantile conclude la sua letterina con un tocco d’allegria “Evviva il panettone e la coda di cappone”. E chi è più grandicella come Maria la paura della guerra le è entrata dentro, lo possiamo capire dalla letterina che scrive alla zia nel 1948, forse ha perso i genitori, e dice “L’orizzonte del mondo nuovamente si oscura si vedono i lampi di un’altra guerra”.
E anche lo stile, il modo di rivolgersi ai genitori, dando del voi, quindi molto riverente ed ossequioso nell’800, più diretto nel 900 fa storia, fa parte del nostro patrimonio culturale.
Oggi è vero sono impensabili, ma non vanno derise, sono la testimonianza di un modo di vivere il Santo Natale.