Invitati, nel medioevo, alla mensa del principe
Nel Medioevo i pranzi importanti, nelle dimore dei nobili, seguivano un rigido protocollo che regolava sia la disposizione delle tavole, sia l’assegnazione dei posti sia la natura più o meno raffinata delle portate.
A quei tempi i tavoli erano composti da cavalletti di sostegno su cui venivano appoggiate delle assi e questo uso di tavoli smontabili durò a lungo complice la praticità e l’adattabilità al numero dei commensali. Erano quasi sempre sistemati ad U o a L e gli invitati ne occupavano il lato esterno per meglio godere gli spettacoli ed intrattenimenti che venivano proposti nello spazio centrale. Erano sempre ricoperti da tovaglie più o meno suntuosamente decorate che testimoniavano lo stato sociale del padrone di casa.
Il principe con i suoi ospiti d’onore sedeva al tavolo centrale che a volte era posto sopra una predella e per questo era detto “ tavola alta “ ; gli altri commensali erano disposti seguendo una rigorosa gerarchia sociale, i posti più vicini al principe erano riservati agli ospiti di riguardo, mentre quelli di rango inferiore sedevano all’estremità del tavolo.
L’abito, naturalmente, aveva la sua importanza e si narra che anche il sommo poeta Dante Alighieri se ne rese conto, quando a Napoli invitato dal re Roberto d’Angiò alla sua mensa si presentò vestito in modo dimesso e per questo fu fatto accomodare in fondo al tavolo tra gli ospiti di rango inferiore. Irritatosi, Dante, terminato di pranzare, lasciò la città. Il re, realizzato di aver trattato male il grande Poeta, lo invitò una seconda volta per riparare alla gaffe. Dante accetta, ma questa volta si presenta con magnifiche vesti e viene fatto sedere tra gli ospiti di riguardo e quando arrivano le vivande incomincia a rovesciarsi addosso sui suoi bei vestiti cibo e vino. Il re, sbalordito, chiede spiegazioni e Dante risponde che l’onore dell’invito era stato fatto a suoi vestiti e quindi anche loro dovevano godere delle pietanze offerte.
Anche se si pranzava alla corte di un principe nel medioevo scodella, bicchiere e tagliere bisognava condividerli con il proprio vicino di tavola che poteva anche essere uno sconosciuto. E’ chiaro che in queste condizioni si dovevano rispettare delle regole di buona maniera: non precipitarsi sul cibo, non scegliersi i bocconi migliori, non comportarsi come Noddo d’Andrea che, come racconta Sacchetti in una delle sue novelle, era famoso per trangugiare tutto rapidissimamente e a qualunque temperatura.
Gran parte dei cibi venivano presi con le mani per pulirsele vi erano diversi modi a seconda della raffinatezza della casa. Si potevano strofinare con non curanza sul mantello dei cani che gironzolavano in attesa degli ossi, oppure direttamente sulla tovaglia o lavarsele, se veniva offerta, con acqua di rosa, un’altra soluzione era mangiare questi cibi su uno strato sottile di pasta, una specie di tovaglia di pane e pulirsi con la mollica intatta, quel che restava di queste tovaglie veniva dato ai poveri che aspettavano alla porta. Una cosa non si doveva fare succhiarsi le dita perché si sarebbero trasgredite le regole del saper vivere.
Anche il modo di bere aveva le sue regole non si poteva alzare il bicchiere di fronte ad una persona di rango superiore, non si poteva bere prima che il padrone di casa lo avesse invitato a fare, altre regole sono ancora attuali come asciugarsi la bocca prima di bere, non fare rumore nel bere, non vuotare il bicchiere di colpo, ma sorseggiare le bevande.